Fabio Mauri. Ebrea

Pubblicato Lunedì, 27 Gennaio 2020
Data di scadenza Lunedì, 27 Gennaio 2020
Museo Novecento
Piazza di Santa Maria Novella, 10
FIRENZE

Lunedì 27 gennaio nel Giorno della Memoria, il Museo Novecento sarà a ingresso gratuito per l’intera giornata e la sera ore 18.30 “rivivrà” la storica performance di Fabio Mauri Ebrea 

FABIO MAURI: EBREA | 1971:  27 gennaio 2020 alle 18.30 in sala cinema, ingresso libero fino a esaurimento posti. L’ingresso non prevede l’accesso al percorso museale.

La celebre performance Ebrea di Fabio Mauri (Roma 1926 – 2009), messa in scena per la prima volta nel 1971, “rivivrà” al Museo Novecento di Firenze. Il primo appuntamento è stato per giovedì 23 gennaio (ore 19, sala cinema), in occasione delle preview delle nuove mostre che vedono protagonista, tra gli altri, il celebre artista romano. 

Ebrea è una performance storica di Mauri, nella quale l’artista – che ha indagato a lungo le dinamiche del potere, del terrore e dell’ideologia – affronta i temi dell’Olocausto, della discriminazione razziale, del “male”. Questioni che non sono da affrontare unicamente in una prospettiva storica, perché tragicamente, per Mauri, hanno a che fare con la natura dell’essere umano e per questo sono sempre presenti e sempre da smascherare e contrastare. Di fronte a uno specchio, una giovane ragazza nuda si taglia alcune ciocche di capelli andando a comporre lentamente con esse il simbolo della Stella di David. Quello stesso simbolo che le è disegnato sul petto e che “marchiava” le vittime della “soluzione finale” durante il dominio nazi-fascista in molta parte dell’Europa.

“Mi sento ebreo ogni volta che posso e patisco ingiusta discriminazione” scriveva Mauri nel testo originale della mostra alla Galleria La Salita, Roma, 1971. “In Ebrea l’operazione è fredda. E indelicatamente culturale – aggiungeva l’artista – Ricompio con pazienza, con le mie mani, l’esperienza del turpe. Ne esploro le possibilità mentali. Estendendone l’atto, invento nuovi oggetti fatti di nuovi uomini. Intralcio di sfuggita la sicurezza laica del ‘design’ contemporaneo così fiducioso nel ‘progresso’”.