Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Pubblicato Giovedì, 13 Febbraio 2020
Data di scadenza Sabato, 14 Marzo 2020
Mad - Murate Art District
Piazza delle Murate
FIRENZE

Mercoledì 13 febbraio ore 17.30 al Mad Murate Art District nella sala Anna Banti e nelle celle al I piano inaugura la mostra Sporcarsi Le Mani Per Fare Un Lavoro Pulito a cura di BHMF

Torna per la quinta edizione il "Black History Month Florence", il festival dedicato a promuovere la cultura “black” e la diversità delle culture afro-discendenti nel contesto italiano, con un’attenzione particolare all’integrazione e alla mediazione interculturale. Il festival, che si svolgerà a febbraio, prevede oltre 50 eventi in oltre 40 spazi sul territorio cittadino e raccoglie sotto un’unica programmazione varie attività culturali (cinema, arte, cucina, teatro, danza, laboratori, conferenze, visite e spettacoli), con lo scopo di far conoscere ed apprezzare le culture afro-discendenti per facilitare la ricerca e il dialogo interculturale. Il titolo di questa edizione è “Obbligato” per riflettere sugli obblighi sociali, morali e comuni che fondano il cosmopolitismo.  

Dal 13 febbraio al 14 marzo, Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito. Questo progetto espositivo esamina l’adempimento degli obblighi sociali nei confronti del lavoro sporco, le carenze di confronto culturale, l’annientamento della storia e le politiche di rispettabilità. Gli artisti in mostra attingono ciascuno da esperienze di permanenza in Italia che li spinge a coinvolgere le città di Roma, Umbertide, Milano e Firenze come siti di produzione culturale con la necessità di impegnare la storia senza esserne vittime.

L’attivista Pape Diaw, in un’intervista del 2013, ha parlato di “… sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito”. Questa contraddizione in termini è posta in un contesto sociale in cui il lavoro sporco sussiste per mantenere uno status governato da politiche di rispettabilità e di controllo sociale. Un’insistenza sulle narrazioni personali come una sostituzione delle appiattite proiezioni di Blackness, la costruzione di ponti tra un passato coloniale e una realtà neocoloniale contemporanea e l’inconsistenza della monumentalità permeano tutte queste opere con una meditazione sul passato come indicatore di ciò che è in arrivo. Insieme formano una melodia armonica che è discordante con la narrativa prescritta, centralizzata e consumata ma trova allineamento per trasmettere il suo potere e la capacità di arricchire la melodia secolare. A cura di Justin Randolph Thompson, BHMF, Valentina Gensini, Murate Art District

Gli ArtistiM’Barek Bouhchichi (Marocco) Adij Dieye (Italia/Senegal) Sasha Huber (Svizzera/Finlandia) Delio Jasse (Angola/Italia) Amelia Umuhire (Rwanda/Germania) Nari Ward (Jamaica/USA)